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Dieci anni di mercato del lavoro - 3
Dal 2014 a oggi la dinamica dei contratti di lavoro si è svolta per la maggior parte attraverso attivazioni di rapporti a tempo determinato e trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine già esistenti.
Se si guarda alle attivazioni nette a tempo indeterminato, l'andamento annuale è piatto e praticamente nullo per i giovani (sino a 29 anni), piatto con deflussi netti di circa 200 mila all'anno per la fascia di età centrale (30-50 anni), con deflussi netti negativi e crescenti in valore assoluto per la fascia relativamente più anziana (51+). Sul trend di quest'ultima fascia di età pesano ovviamente le cessazioni per pensionamento che fanno terminare rapporti plausibilmente per la maggior parte a tempo indeterminato (sono posizioni lavorative di fine carriera). Si sottolinea il relativamente, perché da alcuni anni (pochi!) anche chi scrive rientra in questa ampia fascia di età. Le fasce di età sono le uniche disponibili nel dataset online dell'Osservatorio sul precariato dell'INPS.
Per inciso, i picchi in corrispondenza del 2015 si spiegano con la decontribuzione integrale triennale, il forte incentivo riconosciuto alle assunzioni a tempo indeterminato e alle trasformazioni a tempo indeterminato perfezionate durante quell'anno.
Il quadro è completamente diverso se si guarda alle attivazioni nette a tempo determinato, sempre positive e con trend crescente in tutte e tre le fasce di età, ma più intense, sia per valori annuali che per incrementi anno per anno, nelle due fasce relativamente più giovani rispetto a quella più anziana.
Questi stessi andamenti si ripresentano se si guarda alle trasformazioni da contratto a tempo determinato a contratto a tempo indeterminato. C'è quasi una perfetta sovrapponibilità tra le tre curve, come se per procedere all'assunzione di un nuovo lavoratore a tempo indeterminato si dovesse prima o contestualmente trasformarne a tempo indeterminato uno già in forze presso l'impresa con contratto a termine.
Se poi si guarda alla somma algebrica di attivazioni nette a tempo indeterminato e trasformazioni a tempo indeterminato, si scopre che negli ultimi dieci anni, mentre la fascia di età 51+ anni ha visto costantemente ridursi, anno dopo anno, i contratti a tempo indeterminato, l'opposto è accaduto ai contratti a tempo indeterminato delle altre due fasce di età, con afflussi di fatto sempre positivi (tranne il 2017 e solo per i 30-50 anni) e lungo trend crescenti. Nel 2023, sono circa 238 mila i nuovi rapporti a tempo indeterminato per i giovanissimi (-29) e oltre 180 mila quelli degli adulti (30-50), mentre i rapporti a tempo indeterminato della fascia di età relativamente più anziana si riducono di oltre 134 mila.
Nonostante la bassa crescita dell'economia italiana e soprattutto nonostante le crisi per COVID-19 e per il conflitto sul fronte ucraino, negli ultimi dieci anni il mercato del lavoro ha espresso una significativa dinamica che ha visto come protagonisti soprattutto i lavoratori più giovani, sotto i 29 anni, e i maturi, tra 30 e 50 anni. Questi lavoratori hanno visto una continua crescita delle posizioni lavorative sia a termine (attivate direttamente) sia a tempo indeterminato (con trasformazioni dal tempo determinato). Si tratta di un aspetto sicuramente positivo e che è alla base dei record di occupati dipendenti e di occupati dipendenti a tempo indeterminato cui si sta assistendo almeno da metà 2023.
A titolo informativo, come emerge dai dati delle Note Trimestrali sulle Comunicazioni Obbligatorie del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le attivazioni nette sono in rapporto di [1,5 : 1] con gli occupati. Per le trasformazioni si può ragionevolmente ipotizzare un rapporto di [1 : 1].
Risulta complesso, e va al di là di questo sinettico commento, individuare i driver di questa dinamica occupazionale che ha dei tratti nuovi e per certi versi sorprendenti per il mercato del lavoro italiano. Potrebbero essere in azione diversi fattori, dai cambiamenti dei comportamenti sul mercato del lavoro dopo la serie di crisi dal 2008 al 2019, alla diffusione di nuove tecnologie e dello smart-working, alle riforme del mercato del lavoro e in particolare al Jobs Act, etc.. Una chiave di lettura, per un possibile approfondimento, potrebbe essere proprio la quasi perfetta coevoluzione ascendente delle attivazioni nette a tempo determinato e delle trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato. Alla base della crescita di attivazioni, trasformazioni e occupati potrebbero esserci il contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act, il limite, fissato sempre dal Jobs Act, alla quota di lavoratori a termine che ogni datore può avere in proporzione dei suoi dipendenti a tempo indeterminato, e i limiti alla durata e ai rinnovi dei contratti a tempo determinato già presenti nel Jobs Act e ribaditi e rinforzati dal decreto "Dignità" (DL 87/2018) e dal decreto "Lavoro" (DL 48/2023). Forse si stanno osservando gli effetti di alcuni dei punti più innovativi e di rottura del Jobs Act, in combinazione con altri fattori.
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