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Il M5S, Thaler e l'Obbligo vaccinale
Il dibattito sulla vaccinazione coinvolge le relazioni di libertà e diritti ma anche doveri che legano il singolo alla società. Lì dove un economista rileva forti esternalità, al filosofo viene in mente l'imperativo kantiano della Fondazione della metafisica dei costumi. Sempre utile osservare i fenomeni, soprattutto quando complessi e fonti di contrapposizioni, da punti di vista diversi.
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Il M5S sui vaccini ha sempre tenuto - come su molti altri argomenti - un atteggiamento sostanzialmente ambiguo: apparentemente sono contrari, ma poi smussano le loro dichiarazioni un po' qua e un po' là per far apparire la faccenda meno chiara e netta.Giulia Grillo è il nuovo Ministro della salute del M5S. Le sue prime dichiarazioni ufficiali sono, almeno per adesso, improntate alla stessa ambiguità: "Non sono contraria però non ci deve essere l’obbligo".
Che cosa significa esattamente questa affermazione e come va letta? Da una parte il neo Ministro sembra ammettere che i vaccini non solo non sono pericolosi, ma in qualche maniera facciano anche bene. Atteggiamento certamente più prudente dal punto di vista scientifico. Dall'altra però esclude l'obbligo come se non si trattasse di un problema di salute pubblica, ma di una mera questione di opportunità o arbitrio.
Ora, come si possono coniugare le due posizioni? E qui entra in scena il premio Nobel Richard Thaler.
Thaler è un fautore del cosiddetto paternalismo libertario, che prevede la salvaguardia della libertà degli individui di fare come meglio credono - di "essere liberi di scegliere" parafrasando Milton Friedman - ma con l’aiuto dei cosiddetti architetti delle scelte, ovvero di coloro che sono in grado di influenzare le scelte degli individui.
Il paternalismo libertario richiede l'utilizzo di una sorta di pungolo (nudge), che può andare dalla più chiara - moralmente - persuasione razionale alla costruzione di un vero e proprio gioco psicologico per indurre le persone a fare ciò che li aiuterebbe a migliorare la propria esistenza. La posizione di Thaler è molto criticata dai libertari e liberisti puri (ai quali peraltro Thaler ritiene di appartenere, anche se in una maniera un po' "eretica").
Che cosa c'entra Thaler con il nostro problema? La posizione di Giulia Grillo potrebbe rifarsi (è un mero esercizio intellettuale, perché il Ministro non ha ancora chiarito nulla) alla teoria del professore americano. Giulia Grillo ha infatti dichiarato quanto segue: "Ci vuole la persuasione, la coercizione ottiene l'effetto contrario".
Ecco il punto. Nessun obbligo, ma lo Stato si deve impegnare affinché liberamente ogni genitore sia persuaso ad abbracciare la scelta della vaccinazione. Sembra tutto molto bello. Garantiamo la libertà di scelta, ma cerchiamo di indurre il comportamento giusto da parte delle persone.
Ho dei forti dubbi che il punto di vista di Thaler sia moralmente accettabile. Difficilmente potrebbe andare d'accordo con l'imperativo categorico kantiano e con l'idea di autonomia dell'individuo. Il perché è lungo da spiegare e proverò ad argomentare in un prossimo articolo. Per le finalità di questo articolo mi basta porre alcuni problemi o dubbi di ordine più ristretto.
La posizione di Giulia Grillo (se è quella che ho provato a sintetizzare qui) ha degli aspetti controversi: il Ministro vuole - apparentemente in modo molto libertario - garantire la libertà di scelta, ma rendere la scelta migliore anche la più gettonata. Ma siamo davvero di fronte a un caso in cui tale posizione ha senso da un punto di vista morale e politico? Secondo me no, ma la questione è aperta.
Per chiarire il mio punto di vista focalizzerò l'attenzione su un altro caso, molto meno controverso, su cui lo Stato ha posto un obbligo ben preciso. La scuola è in Italia (e in tutti i paesi occidentali) obbligatoria. Il che significa che i genitori sono obbligati a mandare i figli a scuola. È giusto questo da un punto di vista libertario? No! Potrei decidere di far "pascolare" per strada i miei figli tutto il giorno o mandarli a lavorare da qualche parte piuttosto che andare a scuola, e questo tutelerebbe la mia piena libertà di scelta. Eppure la cosa non ci sembra affatto corretta, non solo per motivi culturali, ma razionali: una persona senza istruzione ha necessariamente un universo di valori e motivazioni più ristretto e quindi la sua autonomia e la sua libertà di compiere scelte giuste da adulto risulta molto limitata.
Ci sono anche motivazioni di ordine sociale: un'istruzione bassa rende più difficile provare nei confronti di persone lontane ed estranee il giusto senso di giustizia e solidarietà che consente alla comunità di cittadini di sopravvivere e prosperare. Dunque l'obbligo scolastico non è in discussione, perché è propedeutico alla libertà individuale e alla coesione sociale: due cose senza le quali i concetti di autonomia e libertà scadrebbero nel mero arbitrio.
Il caso dei vaccini è analogo? Sì e no! Di certo non è propedeutico a libertà e autonomia, ma rappresenta comunque un obbligo da un altro punto di vista che ha rilevanza morale e politica: la salute pubblica. Se esiste (lo pongo volutamente come argomento ipotetico) un rischio di epidemia e contagio che può minare la salute di molti individui, allora sussiste un obbligo morale di vaccinarsi. Cioè vaccinarsi non è solo individualmente la scelta migliore o più utile, è proprio un imperativo. È quella massima che vorremmo che ogni persona assumesse come legge guida del proprio comportamento: "Agisci soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale" (Immanuel Kant, Fondazione della metafisica dei costumi, in Scritti morali). Ed inoltre ci consente di considerare l'obbligo non solo per il nostro proprio tornaconto (se gli altri non sono obbligati a vaccinarsi questo aumenta il mio rischio di morire), ma anche di trattare gli altri come fini e non solo come mezzi ("Agisci in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo", cit.).
E questo obbligo morale può diventare un obbligo di legge qualora ci sia un ampio consenso sulla cosa. A me sembra che il rischio e quest'ampio consenso esistano e che quindi l'obbligo vada conservato a discapito dell'arbitrio od opportunità individuale.
4 giugno 2018, Domenico Gigante
Aggiungo, perché completano il mio pensiero, anche le considerazioni di Antonio Finazzi Agrò, anche lui filosofo e progettista sociale.
<< Condivido la tua deduzione, e aggiungo due argomenti:
- La questione vaccinale riguarda in larghissima parte i minori. Ora, per legge dello Stato e Diritto internazionale, la patria potestà non è affatto illimitata, ma contenuta nei limiti del "superiore interesse del minore" della cui tutela, per ragioni piuttosto evidenti, la famiglia non è l'istituzione di ultima e inappellabile istanza.
- A mio modo di vedere, parte della struttura culturale soggiacente il M5S è condizionata da un certo anarco-capitalismo iperindividualistico che ha i suoi spauracchi e i suoi feticci. Tra i primi evidentemente l'intervento dello Stato. Tra i secondi la concezione dell'inviolabilità del corpo, dimenticando che esiste anche una corporeità collettiva, cioè una salute pubblica, con cui il mio corpo è in relazione. È proprio una visione organicistica del tutto carente a suggerire che la salute propria e dei propri cari sia una faccenda privata. È la rimozione del principio della reciprocità dei diritti e dei doveri costituzionali e civici, che non si esauriscono nell'individuo come una sommatoria a valore zero, ma che si intrecciano coi diritti e i doveri altrui. Per cui un dovere non adempiuto dall'uno comporta la negazione di un diritto dell'altro, e viceversa. >>
Nota: In figura la civetta di Atena o Minerva, simbolo di razionalità, lungimiranza ed equilibrio nelle scelte
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