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Pay-Back contro Innovazione: un legame dubbioso
Ma è davvero tutta colpa del pay-back?
Ci sono almeno due luoghi comuni molto forti che popolano il dibattito sulla farmaceutica in Italia:
- il pay-back e, più in generale, i controlli sulla spesa allontanano investimenti in capacità produttiva e in R&D dall’Italia;
- il pay-back è strumento di governance inadatto e fonte delle distorsioni, soprattutto quello in fascia “H” che ha assunto ormai proporzioni macroscopiche rispetto al tetto di spesa da rispettare.
Il punto 1). Gli investimenti dell’industria del farmaco in un Paese dipendono da tanti fattori-Paese. Sulla collocazione dei siti produttivi incidono il sistema fiscale, le regole del lavoro, il clup, la qualità dell’infrastrutturazione e dei servizi, l’efficienza della Pubblica Amministrazione, il funzionamento della Giustizia. Sulla scelta di dove condurre la ricerca incidono, oltre ai fattori già ricordati, anche la qualità del sistema di ricerca pubblico e privato, il funzionamento dei network/partnership tra imprese, università e strutture del sistema sanitario, le risorse dedicate al procurement pubblico su grandi progetti innovativi, la fiscalità specifica dedicata all’R&D. Un effetto diretto e negativo del controllo della spesa (via prezzi e/o via fatturato) è riconoscibile solo sul lancio e sulla commercializzazione: il Paese dove il controllo è più stringente (e per converso il pricing meno libero) sconterà un lag temporale nella disponibilità di farmaci innovativi.
Questa differenziazione di opportunità nelle scelte industriali è praticabile perché, nell’universo multinazionale e globalizzato delle big pharma, il Paese dove conviene produrre può esser diverso dal Paese dove conviene fare R&D, diverso, a sua volta, dal Paese dove conviene iniziare la commercializzazione.
Il punto 2). Se non c’è quel nesso diretto e negativo che va dal controllo della spesa farmaceutica pubblica a livello Paese allo scoraggiamento di investimenti produttivi e di R&D nello stesso Paese, è necessaria anche un’altra precisazione. Il pay-back in fascia “H” è diventato così ampio perché su di esso si scaricano le conseguenze delle mancate riforme della filiera del farmaco. Il pay-back non è la causa della cattiva governance, è il “termometro” che misura le conseguenze delle mancate riforme.
Se la produzione e la distribuzione dei farmaci di fascia “A” fossero pienamente efficientate, altre quote di risorse (all’interno dell’attuale tetto di fascia “A”) potrebbero essere spostate in fascia “H” come già avvenuto negli scorsi anni. Se, parallelamente, il procurement in fascia “H” fosse ottimizzato, se ne avvantaggerebbe il controllo strutturale della spesa ante attivazione del pay-back.
In fascia “A” l’efficientamento passa per una riforma definitiva della distribuzione al dettaglio, con rimozione della pianta organica, creazione di catene senza limiti, possibilità di incorporation e liberalizzazione dei margini di ricavo a partire da un prezzo massimo al consumo. Non solo costerebbe di meno la distribuzione tout court, ma la concorrenza favorirebbe la canalizzazione al consumo dei medicinali più economici per DDD e per packaging. In particolare, nel comparto degli off-patent potrebbe dispiegarsi al massimo la concorrenza di prezzo à la Betrand.
In fascia “H” l’ottimizzazione del procurement passa, da un lato, per l’aggregazione della domanda di Ao e Asl e, dall’altro, per confronti periodici, metodici e dettagliati tra prassi prescrittive. Superando le dannose frammentazioni che oggi esistono anche tra Ao e Asl di una stessa Regione, potrebbe avviarsi una Centrale Unificata di acquisto dei farmaci “H”, pronta a raccogliere tempestivamente le esigenze di Ao/Asl e rivolgerle al mercato. Se ne avvantaggerebbe anche l’industria, che avrebbe una sola controparte contrattuale bene organizzata, al posto delle tante oggi presenti sul territorio e spesso funzionanti con regole, tempistiche e modalità diverse.
La maggior spesa (rispetto al benchmark di piena efficienza) è fatta di risorse che potrebbero andare a ridurre i ripiani del pay-back in fascia “H” o a finanziare, anno per anno, programmi di investimento e di R&D in Italia che siano ben individuati, destinati a operatori selezionati (imprese, partnership, centri studi pubblici e privati, etc.) e verificabili nell’effettivo utilizzo e nei risultati. Un allentamento tout court del pay-back, invece, distribuirebbe risorse “a pioggia” senza alcuna certezza che le stesse alimentino investimenti in Italia.
Le riforme pro concorrenziali in fascia “A” e fascia “H” creerebbero migliori basi strutturali per il controllo ordinario della spesa. Si scongiurerebbe un sistematico ampio sforamento dei tetti e il pay-back potrebbe svolgere il ruolo di “cuscinetto” a raccordo tra spesa effettiva e spesa massima programmata. Adesso invece il pay-back è una valvola di sfogo per le riforme strutturali che languono.
Sono le mancate riforme i veri nemici della stabilità finanziaria e dell’innovazione. Concorrenza, trasparenza e innovazione vanno di pari passo. Nel dibattito corrente si compie spesso l’errore di guardare al pay-back come un feticcio che risolverebbe ogni problema. Così non è. Le imprese farmaceutiche sono disposte ad accettare questa sfida per l’Italia? È una sfida di innovazione.
Si allega il file .pdf con il testo integrale della Nota.
21 Luglio 2015
Sullo stesso argomento: Quindici anni di Governance Farmaceutica
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