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Taglio contributi pensionistici nel Mezzogiorno? Sì ma...
Una decontribuzione ad hoc per il Mezzogiorno può acquisire interesse e utilità sul piano della policy se:
- È rivolta alle fasce di età più giovani, al di sotto dei 34 anni così da coinvolgere lavoratori che potenzialmente hanno completato un percorso di studi e formazione di livello universitario con eventuale specializzazione e possono concorrere a innalzare la qualità e la produttività;
- È rivolta a tutti i contratti a tempo indeterminato senza distinguo per anno di attivazione, così da non creare “concorrenza” tra giovani della stessa fascia di età già occupati e nuovi giovani occupabili;
- È a carattere strutturale. Per favorire la programmazione e le scelte di investimento è più importante uno sgravio permanente anche se circoscritto nell’importo, piuttosto che sgravi integrali ma a scadenza dopo pochi anni;
- È innestata su un percorso di riduzione permanente dei contributi pensionistici obbligatori su scala Paese, con il Mezzogiorno che sarebbe il punto di avvio per poi, dopo qualche anno, estendere lo sgravio a tutt’Italia, allineando la più contenuta decontribuzione scelta per il resto del Paese ai livelli del Mezzogiorno.
Ma quanto costerebbe per le finanze pubbliche una decontribuzione dei contratti a tempo indeterminato strutturale e con doppia selettività: per il Mezzogiorno e per gli under 34?
Un taglio dei contributi pensionistici di 10 punti percentuali, di cui 5 lato lavoratore e 5 lato datore, costerebbe circa 730 milioni di Euro il primo anno. Il costo si ridurrebbe a circa 580 milioni se il taglio fosse di 8 p.p. (4+4), e a circa 438 se il taglio fosse di 6 p.p. (3+3).
Per gli anni successivi, si può ipotizzare che, sull’onda della decontribuzione, trovi conferma il flusso netto di circa 60mila nuovi contratti a tempo indeterminato sorti nei primi nove mesi del 2015. Se così fosse, ogni anno, oltre a trovar conferma il costo dell’anno precedente, sorgerebbe un nuovo maggior costo per circa 58 milioni/anno se la decontribuzione fosse di 10 p.p., per circa 46 milioni se la decontribuzione fosse di 8 p.p., e per circa 35 milioni se la decontribuzione fosse di 6 p.p..
Nella prospettiva di riforma indicata ai quattro punti qui sopra, una decontribuzione di 20 punti percentuali (10+10) non potrebbe esser permanente, perché implicherebbe una riduzione eccessiva e sproporzionata delle risorse dedicate al primo pilastro pensionistico. Se, tuttavia, su orizzonti limitati (4-5 anni) si volesse dedicare al Mezzogiorno una decontribuzione rinforzata rispetto al resto del Paese, per poi planare su parametri strutturali più adeguati, è utile verificare i costi anche di questa soluzione.
Il primo anno il taglio dei contributi pensionistici di 20 punti percentuali, di cui 10 lato lavoratore e 10 lato datore, costerebbe circa 1,5 miliardi di Euro. Per gli anni successivi, oltre a trovar conferma il costo dell’anno precedente, sorgerebbe un nuovo maggior costo per circa 120 milioni/anno.
Gli ordini di grandezza che emergono dall’analisi permetterebbero di ipotizzare, pur nelle attuali condizioni di ristrettezza di bilancio pubblico, decontribuzioni focalizzate sui contratti di lavoro a tempo indeterminato per gli under 34 del Mezzogiorno, più ampie di quelle che il Ddl di Stabilità per il 2016 già introduce su tutto il territorio nazionale.
Tuttavia, affinché un simile intervento non appaia nella luce delle politiche straordinarie e assistenziali del passato, è necessario che esso venga collocato all’interno di un cambiamento strutturale che, anche se prende avvio dal Mezzogiorno, arrivi a riguardare l’intero Paese. È questa connessione strutturale che fa la differenza.
Questo cambiamento strutturale è il taglio permanente dei contributi pensionistici obbligatori con effetto sul calcolo della pensione, per ridare slancio al lavoro e alla produttività, ridurre la spesa pensionistica pubblica e ricomporre la spesa per welfare verso una più ampia articolazione di istituti e una maggiore efficacia.
I redditi per la quiescenza dovranno trovare compensazione in carriere lavorative più lunghe e continue cui i giovani potranno accedere anche grazie al taglio del cuneo contributivo e, soprattutto, nella diversificazione multipilastro del sistema pensionistico.
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