Covid19 in Italia: quali relazioni con le variabili territoriali?

Esiste qualche rapporto tra la struttura socio-economica dei territori e la diffusione territoriale del Coronavirus in Italia? Ovvero, esistono legami tra caratteristiche socio-economiche territoriali quali densità, accessibilità, mobilità pendolare, agglomerazione delle attività produttive, sostenibilità ambientale, e incidenza del Covid-19 nelle diverse aree del paese?

Un lavoro di ricerca portato avanti da Dario Musolino e Paolo Rizzi affronta questo tema. In particolare, nel lavoro si analizza l’esistenza di associazioni statistiche significative, a scala provinciale, tra diffusione del virus e un set di fattori socio-economici, demografici e ambientali.

Il tema del perché il Covid-19 si è diffuso più in alcune aree del paese (come è ben noto, diverse province lombarde, e alcune province emiliane e piemontesi, su tutte) piuttosto che in altre (vedi per esempio il Sud del paese) è estremamente complesso, e chiama evidentemente in causa molteplici fattori. Tra cui, fattori attinenti le hard sciences (virologia, epidemiologia, ecc.) nonché, cą va sans dire, la governance e la gestione dei sistemi sanitari a livello regionale.

Diversi fattori socio-economici strutturali come quelli summenzionati sono stati spesso tirati in ballo, evocati, in quanto ovviamente, favorendo le interazioni umane, possono creare le condizioni di contesto per la diffusione del contagio. Tuttavia, il possibile ruolo di questi fattori non è mai stato trattato nell’ambito di un’analisi più ampia e mirata.

Questo lavoro, conducendo una analisi a livello provinciale, si pone questo obiettivo e giunge a primi interessanti risultati, tra cui:

-   L’esistenza di forti correlazioni a scala provinciale tra integrazione/apertura verso l’esterno, mobilità pendolare interna ed esterna, agglomerazione produttiva, da un lato, e contagiosità dell’epidemia, e mortalità, dall’altro lato;

-   L’esistenza di correlazioni altrettanto rilevanti con variabili ambientali, facenti in particolare riferimento all’inquinamento atmosferico, quali il PM10.

-   La non correlazione con le variabili demografiche, tra cui in particolare la struttura per età della popolazione (popolazione anziana).

Le implicazioni di questi risultati sono di primo acchito intuitive. Le aree fortemente integrate, con elevata mobilità e concentrazione di attività economiche, risulterebbero più vulnerabili di fonte a questo nuovo tipo di eventi catastrofici; le aree meno infrastrutturate, più isolate, periferiche, con un tessuto produttivo più rarefatto e con poca mobilità, emergerebbero come più resilienti.

Ulteriori dettagli e approfondimenti su Eyesreg, rivista in cui sono stati pubblicati i primi risultati.