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La Fondazione Sassi
La Fondazione Sassi e gli amici del realismo magico (o della magia realistica) di Matera ---
Questa è una piccola storia di amicizia, realtà (o realismo) e magia. In pochi riusciranno a seguirla, sicuramente meno di quelli che di solito si affacciano su questo sito per leggere commenti e analisi su welfare, pensioni, sanità, regolazione dei mercati, lavoro, energia, law&economics, etc., che già non saranno tantissimi (è un eufemismo). Arriverà forse a quella cerchia di persone, prevalentemente di Matera o lucane, che con fatti e persone hanno già una qualche familiarità. Ma non si rivolge solo a loro, ma a tutti quelli che, lettori, curiosi, viaggiatori, alla ricerca di bellezza, storia e storie, vorranno visitare la Lucania, Matera e la Fondazione Sassi che nel 2025 entra nella sua seconda vita.
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Ripartono le attività della Fondazione Sassi di Matera.
Rinnovata nelle energie e nei programmi, sarà un luogo bello, accogliente e polifunzionale nel cuore della città antica, aperto a tutte le iniziative.
Seguiremo con interesse le attività, sia per il legame stretto che Reforming ha con Matera e la Lucania, sia perché i temi dello sviluppo, del capitale umano e sociale, della promozione dei territori sono da sempre trattati nelle nostre collane, così come gli incroci tra storia ed economia, cultura ed economia, diritto ed economia. Basta una rapida ricerca nell'archivio on-line per trovarne conferma. E poi Reforming si è presentato sin dall'inizio come g-local.
Qui, per adesso, si desidera lasciare un commento beneaugurante. Il nuovo corso parte nel segno di una lunga amicizia o, meglio, di una sequenza di sodalizi amicali e artistici o professionali che ruotano attorno alla Città e che, messi l'uno dietro l'altro, arrivano a coprire un periodo lunghissimo, addirittura dagli anni Cinquanta a oggi, dalla Matera di De Gasperi e dello sfollamento dei Sassi alla Matera contemporanea, già Capitale europea della cultura nel 2019. Il 2019, cinque anni fa, proprio l'anno in cui ci ha lasciati Mario Salerno, fondatore e primo Presidente della Fondazione Sassi e anticipatore, per tanti versi immaginifico e visionario, di opportunità ed evoluzioni che la Città avrebbe sperimentato trenta e passa anni dopo. Si rifletta su che cosa si sarebbe potuto fare a Matera se, nominata Capitale della cultura, fosse già stata sede di una succursale del Collegio del Mondo Unito, un progetto che lui provò ad avviare negli anni Ottanta e che in certi momenti sembrò poter trovare una possibilità di riuscita, con collocazione nel complesso conventuale di Sant'Agostino affacciato sul canyon della Gravina. O ci si chieda, adesso che i dati demografici continuano a fotografare una Città e una Regione in spopolamento e sempre più vecchie, che cosa avrebbe significato avere a Matera un flusso continuo di giovani, con energie e capitale umano fresco, provenienti potenzialmente da tutto il Mondo. Adesso che stentiamo a interrogare il futuro, quella possibilità, allora sottovalutata, appare in tutta la sua stravolgente positività, purtroppo mancata. Altro che la sede provinciale di alcune facoltà, già marginali di loro, della Università della Basilicata, strappate alla medievale contesa tra capoluoghi, la stessa che sta sfiancando il sistema sanitario regionale ...
Ma largo alle cose belle: perché si vuole ricordare il filo lungo dei rapporti di amicizia e il realismo magico?
Il nuovo corso della Fondazione è simboleggiato dalla istallazione nella sala riunioni “Mario Salerno” di un grande pannello opera di Ugo Annona, che con Mario ebbe una profonda amicizia durata sino alla scomparsa del Maestro nel 1992. La storia di questo pannello è brevemente raccontata in un recente articolo comparso sui Quaderni de La Scaletta: “Un Annona ritrovato: i Sassi delle tre lune”.
Si tratta di un'opera maiolicata raffigurante i Sassi quando erano stati da poco sfollati e non potevano neppure immaginare quale ribalta mondiale li avrebbe riaccolti settanta anni dopo. Rinvenuta recentemente nella cantina della Signora Antonietta Sacco, moglie di Mario e sua sostenitrice alla quale la Fondazione deve molto, la sua realizzazione dovrebbe datare la fine degli anni Sessanta. Molto probabilmente un regalo di Ugo a Mario, come altri “Annona” appesi alle pareti del salotto di Via Castello 42/a. La Signora Antonietta, in qualche occasione, potrà forse mostrare i due o forse più esemplari dei fiori “slavati” di Annona.
Lo stile è quello di Annona: il realismo magico, fatto di riferimenti precisi ma con trasfigurazioni di varia intensità sia delle cose che di persone e animali. Non così tanta trasfigurazione da diventare surreale e generalizzare le scene, ma nel limite per moltiplicare i messaggi e le storie di quel posto e di quei protagonisti. Si riconoscono infatti i due Sassi con la valletta centrale, la Cattedrale con il campanile sovrapposto al mastio del Castello del Tramontano, la collina verde dove adesso c'è Via del Castello, il pianoro murgiano dove si colloca il punto di osservazione e dove ci sono personaggi, galline, attrezzi; ma tutto è immerso in una atmosfera mistica, sacrale, in un notturno vegliato da una triplice Selene. I Sassi si stavano addormentando per attraversare il loro tempo di mezzo. Adesso, portando alla luce questo “Annona” e rendendolo permanentemente disponibile al pubblico, si chiude una liturgia tutta comitale, tutta cittadina, tra il sonno e il risveglio. Tra l'altro, una sovrapposizione tra campanile e mastio come quella smaltata da Annona non è facile da osservare; c'è una sola posizione che la rende visibile e si trova lungo la strada che porta al Belvedere murgiano, non appena questa diventa più o meno pianeggiante, e cioè molto prima di entrare nello spiazzo che ha di fronte, dall'altra parte del canyon della Gravina, la chiesa di San Pietro Caveoso e la chiesa rupestre della Madonna dell'Idris. Questa posizione, defilata rispetto a quella frontale e più famosa per le visite e le fotografie, è molto più vicina in linea d'aria alla Chiesa di San Pietro Barisano, il cui rosone quadrilobato è il logo della Fondazione, e alla sede della stessa Fondazione. Un caso, una bizzarria, o la magia che sopraffà il realismo? Forse sarà stata quest'ultima, perché per Annona in molti casi sembra che più che di realismo magico si debba parlare di magia realistica, ossia di una intuizione rarefatta e flebile che viene raccolta e salvata da lui e poi, per la dimostrazione ai più, agganciata a pezzi della realtà circostante. Cambia l'ordine delle parole, cambia il punto di partenza, ma ci sono sempre, come elementi di base, la realtà e la magia, la magia e la realtà. I Sassi con le tre lune sono, in effetti, magia realistica.
L'amicizia tra Mario e Ugo è uno dei momenti della sequenza di sodalizi che si nascondono dietro il pannello. Tutti a Matera hanno negli occhi quella fotografia in bianco e nero di un gruppo di amici attorno a un tavolo con una brocca di vino al centro, scattata probabilmente a inizio anni Sessanta, con Ginetto Guerricchio, Carlo Levi, Josè Ortega e lo stesso Ugo. Fosse stata scattata qualche anno più tardi, probabilmente attorno a quel tavolo avremmo trovato anche un giovane Peppino Mitarotonda, magari con sulle ginocchia un piccolissimo Chicco Mitarotonda, e un altrettanto giovane Mario Cresci. Peppino è stato prima allievo di Annona a scuola e poi suo amico e corrispondente d'arte. Gli aneddoti su come nacquero i fiori “slavati” di Annona li può raccontare solo lui, ed è lui che nel laboratorio di Contrada Serritello La Valle oggi conserva, per evitarne la scomparsa e prima o poi restaurarlo, un altro grande pannello di Annona, quello con le sue celeberrime “pupe” che sino a tutti gli anni Novanta del secolo scorso adornava la rampa di accesso a un condominio privato di Via Anselmo Pecci. Sempre a Peppino si deve il restauro per la riapertura al pubblico della casa affacciata sui Sassi dove Ortega visse durante il suo lungo soggiorno a Matera. Lavorava con la terracotta e la maiolica anche lui.
Mentre i due Mitarotonda sono oggi tra le più alte, originali e innovative espressioni dell'arte della terracotta e della maiolica in Città, i quattro in quella foto sono un condensato dei tanti talenti e delle tante personalità che furono attirate e “stregate” nel Dopoguerra, quando la Lucania, sino ad allora territorio sconosciuto e quasi irraggiungibile, divenne accessibile e si svelò a tutti col suo volto millenario che del mondo antico aveva assieme la crudezza e la potenza, e del mondo pre-moderno il sottosviluppo, gli stenti e le saggezze per resistere oltre il limite e giocarsela con la Natura. Insomma, venivano a cercare sia la rappresentazione vivente di organizzazioni sociali che si credevano scomparse, sia il fascino misterioso di pratiche, credenze, sentimenti, illusioni, sacrifici, cinismi, santi e demoni, gioie e dolori a cui l'uomo di quelle comunità si era aggrappato così a lungo, così più a lungo che nel resto dell'Occidente. Venivano a cercare il realismo e la magia, tanto con la lente delle scienze che con le chiavi della letteratura, della pittura, della fotografia (i vari Frederic Friedmann, Henri Cartier-Bresson, Fosco Maraini, David Seymour, Edward Christie Banfield, Ernesto De Martino, Adriano Olivetti, Luigi Piccinato, Pier Paolo Pasolini, ma anche il lucanissimo Rocco Mazzarone e il suo amico Dinu Adamasteanu, etc.).
Di quei quattro, Ugo e Guerricchio erano quasi coetanei e facevano gli onori di casa, materano acquisito il primo e materano di nascita l'altro. Anche a proposito di Ginetto Guerricchio si è sempre parlato di realismo magico, che era già nelle sue corde artistiche congenite ma che trovò maturazione e completamento durante i periodi a Milano e soprattutto a Salisburgo a contatto con Kokoschka, pittore, litografo, drammaturgo austriaco che aveva sviluppato una via tutta sua all'espressionismo, con agganci realistici da cui far partire le tensioni espressioniste e tanto ricorso a elementi storici e mitologici. Un miscuglio pronto ad applicarsi bene alla Lucania e a Matera, per raccontare il mondo antico con un linguaggio che non lo falsificasse e che fosse comprensibile ai contemporanei. Il mito ha sempre svolto e continua a svolgere ancora oggi questa funzione di spiegazione immediata, a pelle, in ciò molto simile alla musica. Anche Levi conosceva Kokoschka e lo incontrò più volte, accomunato anche lui, come l'amico Guerricchio, dall'interesse per il reale dentro cui scorgere la magia di voci altrimenti intraducibili; e per chi avesse queste propensioni la Lucania anni Cinquanta era l'habitat perfetto.
Sicuramente il realismo magico di Ugo si è parlato con quello di Ginetto. Solo per fare qualche esempio, quando Guerricchio dipinge la raccolta delle olive, tra le attività più comuni nelle campagne attorno a Matera dove da sempre si produce olio di altissima qualità, vengono in mente anfore magnogreche con la stessa scena che sembra un rito collettivo; quando dipinge la raccolta dei girasoli, il gesto della contadina va verso l'alto con le braccia tese e sembra un ringraziamento primordiale al disco solare; le sue scene della Festa del Maggio di Accettura, con i bovi possenti in primo piano e la muscolatura delle zampe posteriori in risalto, sembrano l'onda lunghissima dei miti minoici sbarcati a Taranto, Metaponto, Eraclea; oppure, tutte le volte che Ginetto dipinge le rocce murgiane, consumate, levigate, rotonde, sempre in grigio o marrone sbiadito e un po' riflettente così diverso da quello che si trova sotto i piedi chi fa trekking sull'altopiano, le fa sembrare dell'epoca dei dinosauri, che poco distante di lì, ad Altamura, hanno lasciato impronte perenni, o naturali mura megalitiche messe apposta lì per fare iniziare la storia dell'uomo a Murgecchia e Murgia Timone, dove il medico e archeologo Domenico Ridola portò in luce il villaggio trincerato con stanza ipogea al centro. Ci sono poi gli interni di case, sia contadine che di piccola borghesia cittadina, in cui i dettagli sono tutti illuminati facendo andare il pensiero alla nobiltà del lavoro e alla cura del quotidiano che porta benessere e dà leva alle generazioni giovani. Provate a chiedere alla Signora Antonietta se vi fa dare una occhiata a “Il salotto di zia Felicetta”. Carlo Levi, lo scrittore-pittore del realismo mitico o del realismo-lirico come è viene ricordato sia in Italia che fuori, non poteva non entrare in sintonia con tutti questi ingredienti. E chissà quanta ne avrà vista coi suoi occhi, tra Aliano e Matera durante il confino, di realtà sorprendente per lui torinese illuminista e mitteleuropeo, miserrima e negletta ma con zampilli di forza sovrumana viscerale allenata dai millenni, proprio come nel suo telero “Italia 1961” conservato al Museo di Palazzo Lanfranchi in Piazzetta Giovanni Pascoli. Chissà che tra un po' non si riesca a ospitare negli spazi della Fondazione una mostra di realismo magico materano, con assieme Annona, Guerricchio e Levi, con la collaborazione di Peppino.
Tornando alla sequenza delle amicizie: amici quei quattro affezionati alla Città e ispirati dalla Città, amici Mario e Ugo, amici Ugo e Peppino, e amici Mario e Peppino. Nella stessa sala che custodirà l'“Annona” ritrovato, fa già da tempo mostra di sé un pannello maiolicato di Mitarotonda padre, e le targhe che accolgono i visitatori ai vari ingressi della Fondazione sono doc, maioliche d'autore firmate Peppino Mitarotonda, con i falchetti grillai che la fanno da padrone sullo smalto così come spadroneggiano svolazzando nell'invaso dei Sassi e nidificano sui tetti della Fondazione. La maiolica è eterna come la vera amicizia ⎼ usa raccontare il Maestro se lo si va a salutare nel suo laboratorio a Contrada Serritello La Valle ⎼ e ogni minima pennellata di colore, una volta data, non è reversibile, è un patto perenne tra te e la materia, un patto perenne come la vera amicizia. E la sequenza delle amicizie non si ferma qui ma avanza e passa di generazione, perché amico di Mario e della sua famiglia è anche il Mitarotonda figlio. È alle sue cure che è stato affidato il pannello di Annona ritrovato ed è lui che lo ha preso in custodia, studiato, ricomposto e collocato sulla parete di fondo della sala riunioni della Fondazione.
Tutto sembra tornare alla perfezione, perché i due Mitarotonda, che lo sappiano o meno, consapevoli o ignari, per scelta o per destino, sono realistici con magia o magici con realismo pure loro, e non poteva essere diversamente a queste latitudini. Per portare anche qui esempi, chi conosce la serie dei pannelli maiolicati dedicati da Mitarotonda padre alla storia della Città (andate a vederli negli spazi del complesso rupestre della Madonna delle Virtù e di San Nicola dei Greci!), sa bene che, oltre che rievocazioni di momenti e fatti su un arco temporale lunghissimo, lì c'è il punto di vista soggettivo e totalmente caratterizzato del commerciante cittadino che preoccupato vede dal balcone le soldataglie di Ruffo accampate in piazza, o dei contadini che dalla strada di rientro in Città allungano l'occhio per capire che sta succedendo sotto le mura della Civita appena violate da Roberto il Guiscardo, o dei ragazzini che impazziscono di gioia quando possono fare il bagno nel laghetto dello Iurio che è anche la rara occasione per pulirsi da capo a piedi con acqua bianca tutta loro, o delle famiglie “bene” che si affacciano dalle tribunette del teatro incoccardate tricolore dove è di passaggio qualche compagnia in trasferta da Napoli a Bari, etc.. Ogni millimetro quadrato delle maioliche di Mitarotonda il Vecchio porta un segno che aggiunge qualcosa per capire sino in fondo tutta la scena e tutti i personaggi, che apre delle botole dentro cui l'osservatore entra per guardare da vicino o addirittura per partecipare. Sono dei veri e propri touch-screen di terracotta nati ben prima che la Apple inventasse quelli digitali, basta solo aguzzare la vista. Più realismo magico di così!
E qualcosa di simile si potrebbe ripetere anche per le opere di Mitarotonda il Giovane. Che si tratti della riproduzione in terracotta dell'assalto al Carro della Madonna delle Bruna (è nella hall di un noto esercizio commerciale in Via La Vista!), o delle sue scacchiere ispirate alla mitologia greca o al ciclo carolingio, o dei suoi cucù tradizionali ma innovativi, o di altro ancora, ogni cosa ha il suo equilibrio tra parte oggettiva ed enfasi e caricature di volta in volta selezionatissime, con entrambe le cose che fanno il racconto. I pezzi di Chicco sono dei veri e propri fumetti in terracotta, nel senso più nobile del fumetto che riesce spesso a mettere assieme le capacità espressive ed emozionali altrimenti separate tra vari generi. Provate a fare una partita su una delle sue scacchiere e poi capirete ... Ma qualcosa mi dice che dei due Mitarotonda si avrà ancora modo di parlare e non ci si dilunga oltre ...
Se è il realismo magico è uno dei tratti ricorrenti di chi, nativo o accolto, si è ispirato a questa terra e a questa Città, a questo flusso, che parte da lontano, appartiene anche il costruito in vita di Mario Salerno e della sua Fondazione: da un lato il realismo di raccogliere le forze e gettare nuove fondamenta nella materia concreta di cui è fatta Matera ⎼ le cavità e il tufo dei Sassi (l'etimo di Fondazione, che poi guida anche il significato giuridico del termine, è questo, ossia la base dedicata a far sorgere altro e perseguire uno scopo) ⎼ e dall'altro la magia di guardare oltre e provare a leggere i tempi. Con tutti i limiti, le interruzioni, gli errori di percorso e gli scorni, l'esperienza della Fondazione resta un esempio unico nella storia della Città, non ce ne sono altre a Matera con la stessa costituzione giuridica e lo stesso patrimonio di spazi nel cuore dei Sassi (oltre 500 mq). A Matera non erano mai stati scritti statuti di Fondazioni prima che arrivasse quella di Mario, parola del notaio che nel 1990 la tenne a battesimo. Dieci anni dopo, nel 2001, arrivò in visita in Fondazione anche il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, durante le celebrazioni per il trentennale dello Statuto della Regione Basilicata. Il primo Presidente è stato un realista magico come i suoi amici, con un “bernoccolo” diverso ma altrettanto fecondo. L'auspicio è che realismo e magia, concretezza e capacità di inventare e avvicinare il futuro, restino aspirazione e cifra per l'avvenire.
In conclusione, in attesa che il Maestro Peppino Mitarotonda ridoni alla Città l'“Annona” di Via Pecci, ci ha pensato suo figlio Francesco, detto Chicco o, per gli amici del liceo, La-Mano-Sinistra-di-Dio, a far rivivere l'“Annona” di Via Castello che da ora in poi sarà l'“Annona” della Fondazione Sassi. Ugo Annona non poteva finire in mani più affettuose e più esperte della storia della Città e contemporaneamente di terracotta, ceramica e maiolica. Nelle mani di amici che sono anche il capo contemporaneo di una lunga fila di amicizie legate alla Città! Per loro e per le loro opere gli spazi della Fondazione saranno sempre casa, come lo sono già stati con Mario. Fateci meravigliare ancora!
Buon lavoro e in bocca al lupo alla Fondazione e alla terna di donne (!!! sarà già futuro magico anche questo) che la guideranno, la Presidente Maria Giovanna Salerno, la figlia prediletta di Mario, la Direttrice generale Patrizia Minardi e la Direttrice di relazioni esterne e sviluppo Sissi Ruggi. Che realismo e magia si sforzino di diventare progettazione e sviluppo. Gutta cavat lapidem, e da queste parti la potenza della goccia sulla roccia è visibile ognidove. Ma bisogna fare presto, prestissimo, perché non sono più gli anni Cinquanta ...
A loro gli auguri della Redazione di Reforming che, prima o poi, verrà in visita ufficiale in Fondazione.
Matera, 9 febbraio 2025, Red. Ref.
Qui il video in time-lapse di Chicco Mitarotonda che fa rivivere il pannello di Annona
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