Quadro degli Occupati 2019-2021

Sulla base dei dati ISTAT (Rfl) è possibile tracciare un quadro del mercato del lavoro nel periodo 2019-2021, il triennio che ha visto la pandemia sopraggiungere, impattare sul sistema economico-sociale e poi rientrare gradualmente.

Guardando all'andamento degli occupati per posizione professionale (dati destagionalizzati), le evidenze sono quelle qui schematizzate:

1) Gli occupati permanenti (dipendenti a tempo indeterminato) riacquistano a fine 2021 gli stessi livelli pre pandemia, dopo alcuni contenuti cedimenti (inferiori al 2 per cento, posto 100 il livello di gennaio 2019) nel corso del 2021. Il blocco dei licenziamenti, scaduto a fine giugno e a fine ottobre 2021 a seconda dei settori, ha raggiunto l'obiettivo di scongiurare scelte drastiche, con rotture dei rapporti di lavoro poi difficili da ricostruire, nei momenti più acuti della crisi;

2) Anche gli occupati a termine (con contratto a tempo determinato) si riportano a fine 2021 sui livelli pre crisi, toccando anzi il livello più alto raggiunto nel corso del 2021. A differenza del comparto a tempo indeterminato, il loro andamento è stato profondamente segnato dalla crisi: sono prima crollati di quasi il 20 per cento (maggio 2021), per poi seguire un forte trend di crescita di pari passo con l'attenuarsi della gravità di COVID-19, l'alleggerimento delle misure di lockdown e la ripresa dell'attività economica;

3) Dinamica a sé è, invece, quella degli indipendenti (lavoratori autonomi, professionisti e parasubordinati a partita IVA). A fine 2021 sono di quasi 7 punti percentuali al di sotto del dato di gennaio 2019. In questo caso, tuttavia, la pandemia ha acuito un trend di contrazione in corso già da diversi anni, continuato anche in momenti non influenzati da crisi economiche;

4) La somma delle precedenti tre componenti spiega il totale degli occupati, che già negli utimi mesi del 2021 si riavvicina sostanzialmente ai livelli pre crisi, rimanendone al di sotto di poco più di un punto percentuale, dopo aver fatto registrare, nel corso del 2021, cedimenti sempre inferiori al 5 per cento;

5) Se si guarda alla composizione degli occupati totali, non sembrano esserci cambiamenti di rilievo: la quota dei dipendenti a termine passa dal 13 per cento pre crisi (gennaio 2019, ma anche febbraio 2020) al 14 per cento di dicembre 2021, e la quota degli indipendenti da circa il 23 a circa il 21 per cento. Tra l'altro, la quota dei dipendenti a termine si era già collocata a ridosso del 14 per cento nel corso del 2019, e non si deve trascurare che la riduzione della quota degli indipendenti è parte di quel trend negativo di più lungo termine citato al precedente punto 3);

6) Nel complesso, viste dalla prospettiva degli occupati, le misure di contrasto della crisi adottate durante il biennio 2020 e 2021 ci consegnano un mercato del lavoro sufficientemente preservato rispetto al pre crisi. Non c'è stato quello tsunami che si poteva temere dopo lo sblocco dei licenziamenti:

7) Questi motivi di soddisfazione non devono, tuttavia, portare a sottovalutare, oltre alle criticità del mercato del lavoro strutturali e precedenti l'impatto di COVID-19, anche i trend emersi negli ultimi mesi che, se continuassero con le stesse intensità e differenze tra comparti, farebbero inevitabilmente aumentare il peso dell'occupaizone a termine;

8) Bisogna attendere i dati dei primi mesi del 2022 (almeno il primo trimestre) per valutare quali forze trainanti restano in azione come lascito della crisi da COVID-19.