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Corte, Pensioni, Inflazione
Il 14 febbraio 2025 è stata depositata la sentenza della Corte costituzionale n. 19/2025 che ha rigettato ricorsi avverso le misure di raffreddamento dell’indicizzazione all’inflazione delle pensioni per gli anni 2023 e 2024. Nonostante questa si aggiunga alle tante altre sullo stesso argomento, si riconoscono due elementi di novità della pronuncia che vanno evidenziati.
In sintesi, i ricorrenti, chiedendo di riconoscere l’illegittimità delle misure di raffreddamento dell’indicizzazione per il 2023 e il 2024, chiamano in causa plurimi articoli della Costituzione e si spingono anche a chiedere, seguendo il filo della logica, che la valutazione arrivi ad abbracciare il meccanismo di indicizzazione per scaglioni progressivi varato dalla Legge n. 388 del 2000, molto simile a quello in vigore dal 2025 varato dalla L. 160/2019.
Di fronte a richieste mai così pervasive da parte dei ricorrenti, anche la Corte si pronuncia con una chiarezza e una perentorietà non riscontrabile nelle precedenti pronunce sullo stesso tema. « La garanzia della [rivalutazione] non annulla la discrezionalità del Legislatore nella determinazione in concreto del quantum di tutela di volta in volta necessario, alla luce delle risorse effettivamente disponibili. Non sussiste […] un imperativo costituzionale che imponga l’adeguamento annuale di tutti i trattamenti pensionistici, purché la scelta contraria superi uno scrutinio di ‘non irragionevolezza’ calato nel contesto giuridico e fattuale nel quale la misura si inserisce ».
« […] Il principale indicatore della ‘non irragionevolezza’ […] è costituito dalla considerazione differenziata dei trattamenti di quiescenza in base al loro importo […] ».
La Suprema Corte ribadisce che, negli stessi anni in cui si decideva di raffreddare l’indicizzazione, il Legislatore adottava, nei limiti delle disponibilità di spesa aiutata anche da quel raffreddamento, altre misure di spesa di « non minor pregnanza costituzionale ».
A fianco di questa rivendicazione istituzionale super partes più netta che nelle precedenti pronunce, la Corte non manca di ribadire il monito al Legislatore a concretizzare « i vantaggi [di] una disciplina più stabile e rigorosa del meccanismo di perequazione delle pensioni », ma nello stesso tempo riconosce che va esattamente in questa direzione il meccanismo per scaglioni progressivi da ultimo introdotto dalla L. 160/2019, che ha durata indeterminata e rivaluta al 100 per cento dell’inflazione i redditi pensionistici di importo sino a quattro volte il Trattamento minimo dell’INPS (una soglia elevata rispetto alla distribuzione dei redditi in Italia).
Ma è in conclusione di sentenza che la Corte inserisce un altro passaggio che suona nuovo nella giurisprudenza costituzionale sul tema dell’indicizzazione, lì dove fa riferimento, sia pure con l’equilibrio che è dovuto, « […] ai vantaggi maturati dai pensionati soggetti al sistema retributivo – come i ricorrenti – rispetto a quelli interamente attratti nell’orbita del sistema contributivo », e all’auspicio che per questi ultimi l’approccio legislativo al meccanismo di rivalutazione « possa essere diversamente calibrato ».
Si tratta della prima volta che la Corte fa un riferimento così esplicito al nesso tra le regole di calcolo della pensione e l’indicizzazione della stessa all’inflazione. Anche se nelle intenzioni della Corte si intuisce che la riflessione sottostante sia la possibilità di tutale maggiormente dall’inflazione le pensioni contributive rispetto alle pensioni retributive, il principio ha una valenza più ampia perché, se è vero che il calcolo retributivo è per il pensionato più conveniente del contributivo, è altrettanto vero che anche quest’ultimo si basa su parametri che appaiono sempre più di vantaggio rispetto alle dinamica attuali e prospettiche dell’economia e della demografia.
Insomma, dopo questa sentenza, converrà avere molta più accortezza e più senso della misura nell’appellarsi agli alti principi costituzionali per cercare difesa di pretese pensionistiche, e lasciare il Legislatore ordinario nelle condizioni migliori per bilanciare gli interessi di tutti i cittadini e di tutte le generazioni. È un suggerimento che dovrebbero raccogliere soprattutto i percettori di pensioni elevate e calcolate con le regole retributive i quali, tuttavia, a memoria di chi ha letto e approfondito per tanti anni le pronunce della Corte, sono proprio quelli che vorrebbero una Costituzione fatta appositamente per loro e sorda ai diritti costituzionali degli altri.
Chiarissimo il messaggio tra le righe per chi lo voglia cogliere: a questa giurisdizione si sale per interrogare gli alti principi che debbono legare le leggi alla Costituzione; la composizione delle esigenze su questo o quel capitolo di spesa e la soddisfazione di questa o quelle richiesta reddituale, nel quadro dei vincoli economici, la cerchi prima di tutto la politica in Parlamento. E così la Corte tutela anche la propria natura e le proprie funzioni.
Red. Ref.
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