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Pensioni non oltre le retribuzioni
È già successo, in altri momenti storici come i Sessanta e i Settanta, che i pensionati abbiano beneficiato, anche attraverso le regole di rivalutazione annuale, delle condizioni di buona crescita dell’economia e delle retribuzioni. E si può dire allora fu giusto così: condividere con le generazioni anziane i frutti della nascita della Repubblica, dello sviluppo industriale del Dopoguerra e della creazione di un moderno welfare state.
Per tanti anni le pensioni hanno staccato il dividendo della crescita e sono state calcolate ben al di là di quanto giustificabile con la durata delle carriere e le contribuzioni versate. In parte questo è ancora vero, anche per le pensioni e le quote di pensione contributive nonostante questo punto sia sottaciuto. In particolare, l’indicizzazione è stata a lungo equiparata alla scala mobile delle retribuzioni, senza distinzione per livelli di reddito.
Le mutate condizioni economiche e demografiche – da Paese giovane e in crescita a Paese vecchio e stagnante in mezzo secolo – hanno poi costretto ad avviare un percorso molto lungo e controverso di riforma del sistema pensionistico, che è ancora in corso e in cui siamo direttamente o indirettamente tutti immersi.
Ancora una volta, la Corte costituzionale è chiamata e valutare la legittimità dei “raffreddamenti” dell’indicizzazione. Questa volta le misure sotto giudizio sono quelle per gli anni 2023 e 2024 che valgono circa 4 miliardi all’anno strutturali, una cifra significativa soprattutto se paragonata alle risorse limitate e insufficienti che ci si sforza di destinare agli interventi per i giovani, il mercato del lavoro, la sanità, la famiglia e la natalità, il contrasto delle povertà anche in età anziana. Le regole di indicizzazione fanno ancora riferimento alla L. 388/2000, ma la frequenza e la misura delle deroghe, che si sono da allora succedute, sono prova tangibile che non è più sostenibile un automatico quasi perfetto aggancio al FOI s.t.: l’elasticità media si colloca, a seconda degli anni, a cavallo del 97 per cento, il che implica che ogni punto di inflazione si traduca in circa tre miliardi di maggiore spesa che poi diviene base per l’accumulazione composta delle successive rivalutazioni.
Se ne potrà riparlare, forse, tra una ventina d’anni, dopo il superamento della “gobba” dell’incidenza della spesa pensionistica sul PIL, e dopo avere ricostruito condizioni di demografia, occupazione, produttività e crescita che adesso mancano. Ma per raggiungere questi obiettivi è necessario ricomporre e reindirizzare la spesa pubblica, e il cambiamento non può non coinvolgere uno dei capitoli più grandi e più rigidi del bilancio, le pensioni.
Questo scritto avanza la proposta di introdurre nuove regole di indicizzazione annuale: non più alla variazione del FOI s.t., ma al valor minimo tra la variazione del FOI s.t. e quella delle retribuzioni contrattuali. Se per lunghi periodi storici il mondo lavoro ha fornito coesione alle generazioni anziane, quando i redditi dei primi crescevano a ritmi elevati oggi inimmaginabili e quelli dei secondi avevano bisogno di sostegno, adesso la coesione dovrebbe andare in verso opposto. Allora i pensionati furono innalzati ai livelli di crescita registrati dalle retribuzioni in un Paese giovane; adesso che le retribuzioni sono basse e stagnati in un Paese invecchiato, gli stessi pensionati dovrebbero capire le ragioni per un nuovo riallineamento, in verso opposto, alla dinamica delle retribuzioni. I dati dell’ISTAT sulla povertà assoluta e relativa fotografano in maniera netta la realtà: in un Paese comunque impoverito in tutte le componenti e dimensioni, le urgenze si collocano nelle fasce di età giovani e intermedie e nelle famiglie con genitori trentenni e quarantenni.
Se, tra il 2005 e il 2023, avesse trovato applicazione la regola di indicizzazione proposta da Reforming, al 2023 la crescita complessiva delle pensioni (i.e. di una ipotetica pensione con decorrenza 2005) sarebbe stata di circa 17,4 punti percentuali inferiore rispetto alla piena indicizzazione al FOI s.t.. Questa regola avrebbe comunque permesso alle pensioni una crescita cumulata di circa il 22 per cento, circa 1 punto percentuale in media d’anno, non poco tenuto conto che gli assegni erogati tra il 2005 e il 2023 sono calcolati con regole vantaggiose rispetto alla neutralità attuariale e che le retribuzioni contrattuali sono sì cresciute del 34,2 per cento nello stesso periodo, ma lasciando le famiglie più giovani in condizioni di povertà significativamente maggiore rispetto ai pensionati.
Con la proposta di Reforming l’aggiustamento alla fiammata inflazionistica post COVID-19 non sarebbe mancato, ma sarebbe stato allineato a quello delle retribuzioni contrattuali, cioè reso compatibile con tutto il resto perché le pensioni non possono essere una grandezza indipendente e aprioristica. Se manca il coraggio di sistemare questa pietra angolare, la questione dell’indicizzazione delle pensioni continuerà a lungo a occupare i dibattiti di politica economica, la scrittura delle leggi di bilancio e il “botta e risposta” tra Legislatore ordinario e Legislatore costituzionale. Un “botta e risposta” con parti ormai da copione consunto che si reggono a vicenda, se il primo fa finta di poter mantenere le regole di indicizzazione della L. 388/2000 per poi derogarle a più riprese lungo più di vent’anni (un’era geologica alla velocità dei nostri tempi), e il secondo è convinto di assolvere al ruolo di custode dei diritti costituzionali dei pensionati mentre (più o meno) inconsapevolmente pone le basi per l’erosione di altri diritti non meno importanti ma molto meno rappresentati, come quelli delle generazioni giovani.
Se la prossima legge di bilancio contenesse una misura come quella proposta da Reforming, a sistemazione definitiva o quantomeno di medio-lungo periodo della questione ormai ultraventennale, la Corte potrebbe anche tenerne conto nella sua valutazione sulla legittimità dei “raffreddamenti” dell’indicizzazione adottati nel 2023 e nel 2024, aiutandola a comprenderne le motivazioni di fondo e a contestualizzarli nell’attualità dell’economia e della finanza pubblica. Queste pagine sono trasmesse agli Uffici della Corte costituzionale, sperando possano aggiungere elementi informativi in più per una valutazione che abbracci forma e sostanza del Diritto, anzi dei vari diritti specchiati nella nostra Carta. Si parva licet componere magnis, Reforming dà piena disponibilità a essere audito.
Roma, 14 ottobre 2024
Allegati
- Storia demografica d'Italia (ISTAT) (.pdf, 2,0 Mb)
- Storia della scala mobile (ISTAT) (.pdf, 1,7 Mb)
- Legge di bilancio per il 2023 (con RT) (.pdf, 3,8 Mb)
- Legge di bilancio per il 2024 (con RT) (.pdf, 4,1 Mb)
- Serie storiche demografiche (ISTAT) (.xls, 176 Kb)
- Serie storiche sulle retribuzioni contrattuali (ISTAT) (.xls, 220 Kb)
- Povertà assoluta e relativa (ISTAT) (.xlsx, 27 Kb)
- Base dati per la RN (.xlsx, 169 Kb)
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