La Governance dell'Unione

Il paper Fitoussi-Saraceno “European Economic Governance: the Berlin-Washington Consensus” (Cambridge Journal of Economics, vol. 37-2013, pagg. 479-496) descrive i punti deboli della governance dell'Area Euro.

Più o meno consapevolmente, si è adattata al Washington Consensus, la visione di policy che si fonda su consolidamento della finanza pubblica, difesa del valore interno e esterno della moneta, stabilità macroeconomica, processi di ristrutturazione e efficientemento lato offerta. A tal punto da poter parlare di Berlin-Washington Consensus (BWC).

Poco spazio resta per interventi lato domanda, anche se in questo momento sono deboli sia consumi che investimenti, senza i quali è arduo ipotizzare riprese della produzione e dell'offerta.

Così come si è impostata, la governance europea sembra inadatta a reagire al ciclo e troppo legata, quasi "ossessionata", dagli snodi di struttura, anche quando è chiaro che non affrontare in maniera appropriata la congiuntura negativa può compromettere i disegni di rinnovamento strutturale e, corrispondentemente, intervenire in fretta sulla struttura con obiettivi anticiclici può aggravare la congiunttura e allungarla.

Volendo sintetizzare e semplificare il punto, sembra ci si trovi davanti al <<classico>> dilemma keynesiani vs. monetaristi che viene descritto nei libri testo universitari.

Ma per essere keynesiani nel breve (per il rilancio controciclico della domanda) e monetaristi nel medio-lungo periodo (per guadagnare stabilità e intervenire in maniera ottimale sulla struttura) è necessario che i Partner Ue si fidino tra di loro.

Questa fiducia oggi manca e va costruita. E infatti, più che una scelta politica in senso stretto - di conservazione o di preferenza per i mercati finanziari - l’impostazione Berlin-Washington è stata il portato di una Unione tra Paesi diversi nella struttura e nella tradizione di politica economica, e con poca fiducia l’uno nell’altro. Proprio quella fiducia che è necessaria per dare flessibilità alla governance, aprire al deficit spending contando che sarà utilizzato nella maniera migliore, e far dialogare tra loro la politica di bilancio e la politica monetaria. Se non c’è fiducia, c’è la regola semplice, rigida e insufficiente (second, third best) rispetto ai problemi.

Allo stato attuale, una delle poche, se non l’unica, possibilità di superamento del BWC risiede nella stretta cooperazione tra manovre di bilancio espansive dei Paesi e interventi non convenzionali di politica monetaria della Bce. Se si procedesse in questa direzione, l’Unione non sarebbe più “ostaggio” del BWC, ma l’uscita dalla “trappola” non può che essere un gioco cooperativo e responsabile di tutti i Paesi dell’Unione. Si deve evitare che, liberati dall’”ossessione” delle trasformazioni strutturali, poi si finisca per beneficiare degli interventi espansivi ma dimenticare che i processi di rientro dal debito devono essere portati a compimento, che la struttura delle economie necessita comunque di ammodernamenti, che servono sforzi di convergenza verso best practice per far esprimere all’Europa tutte le potenzialità economiche e sociali.

Per sfuggire alla “trappola” del BWC non si deve cadere nell’altra “trappola” della spesa facile e della monetizzazione dei debiti. Se l’errore sinora è stato di guardare troppo lontano e alla struttura ideale del futuro, va di sicuro evitato l’errore opposto, di risolvere (temporaneamente) i problemi attuali a discapito del futuro dell’Euro e dell’Unione.

La vera sfida è questa e la soluzione, per creare credibilità e fiducia, passa prima per la Politica e poi per la politica economica.