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Tre punti di vista sulla politica di bilancio
Nei giorni scorsi sono stati espressi punti vista molto diversi sulle scelte di bilancio del Governo italiano.
Qui se ne riportano tre che, per la statura internazionale degli economisti intervistati, testimoniano sia la delicatezza del momento per l'Italia sia il rilievo che il caso italiano ha nel contesto europeo, come "cartina di tornasole" degli aspetti insoddisfacenti della governance europea e nel contempo "banco di prova" delle possibili soluzioni.
Il primo articolo è uno scritto di Olivier Blanchard e Jeromin Zettelmeyer pubblicato sul sito web del Peterson Institute for International Economics. Mette in guardia dagli effetti sulla credibilità del percorso di risanamento della finanza pubblica. Unito a questo, un precedente così plateale di scontro con l'Europa potrebbe determinare aumento di lungo periodo dei tassi di interesse e ridurre drasticamente gli obiettivi espansivi della manovra di bilancio. Nel complesso, la manovra annunciata potrebbe addirittura avere effetti depressivi.
Il secondo articolo contiene una intervista a Paul De Grauwe pubblicata su "La Verità". Un deficit sul 2019 del 2,4 per cento viene valutato non eccessivo soprattutto alla luce delle condizioni dell'economia e della necessità di sostenere la ripresa. Tanto più che in passato altri paesi (Francia e Germania) hanno oltrepassato i tetti quando ne hanno avuto bisogno. Ma il punto centrale che De Grauwe solleva è un altro: la natura troppo rigida delle regole europee (voluta soprattutto dei paesi creditori) è ormai entrata in diretto contrasto con le fondamenta politiche delle decisioni di bilancio e più in generale delle decisioni economiche. In Italia questo contrasto adesso è balzato in primo piano perché per la prima volta c'è al governo una maggioranza politica che ha idee e inclinazioni, in particolare sulle tematiche europee, molto diverse da quelle dei precedenti Governi.
<< Tutto il processo di preparazione delle manovre finanziarie è nazionale, basato sul "no taxation without representation", cioè sulla legittimazione democratica e popolare, sul voto nelle singole nazioni. Rischioso interferire da Bruxelles su questo processo. [...] Un modello che non funziona. Lo schema ideale [...] sarebbe una maggiore integrazione europea, verso un’unione politica: trasferire il "no taxation without representation" a livello europeo. Ma questo oggi è solo un sogno, adesso non è così. Tutto invece accade oggi a livello nazionale: e allora anche Bruxelles deve accettare questa realtà, altrimenti innesca solo scontri pericolosi >>.
Il terzo articolo contiene una intervista a Jean Paul Fitoussi sempre su "La Verità". La posizione è molto simile a quella di De Grauwe con in più il suggerimento, rivolto a entrambe le parti (Governo italiano e Commissione europea) a non interrompere il dialogo, a non alzare muro contro muro. Secondo Fitoussi, il Governo fa bene a proseguire nelle misure annunciate ma continuando a dare rassicurazioni all'Europa e ai Partner europei che non si tratta di una ideologica ribellione alle regole ma della applicazione di margini di flessibilità che adesso appaiono necessari per consolidare il processo di crescita. << Ma come? Esci da dieci anni di crisi, e appena arriva una debolissima crescita che spunta e mette fuori il nasino, si ricomincia con altre politicjhe di austerità? [...] >> .
Preoccupazioni economico-finanziarie di Blanchard, ristabilimento di un pieno processo democratico per De Grauwe e Fitoussi. C'è probabilmente del vero su entrambi i lati.
E se dal casus Italiae e dai confronti tra le parti, mai spinti così avanti nel contraddittorio da che l'Europa e l'Euro esistono, prendesse le mosse una rinnovata governance europea?
In fondo, se si guarda alla storia degli ultimi mille anni (dall'emergere delle prime comunità nazionali a oggi), tutte le formazioni di nuovi Stati sono passate attraverso momenti difficili, di contrasto e di adattamento e poi di graduale edificazione istituzionale. Sarà così anche per quella nuova entità supernazionale che vorrebbero essere gli Stati Uniti d'Europa.
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