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L'Europa allo specchio della lettera di Draghi
La lettera di Mario Draghi al Financial Times del 25 marzo u.s. ci dà la misura della gravità del momento che stiamo vivendo. A così poca distanza dalla fine del suo mandato, solo per urgenze d’eccezione si sarebbe riproposto all’uditorio mondiale affrontando tematiche sulle quali è direttamente coinvolta la sua ex Istituzione di appartenenza e la nuova Presidente della BCE Christine Lagarde.
Le sue parole son misurate e tecniche, ma non rinunciano a momenti di slancio emotivo, come quando fa riferimento alle vittime già mietute da COVID-19, alle sofferenze delle Guerre cui questa pandemia somiglia negli effetti e al bisogno di fare quadrato, o come quando si rivolge ai cittadini chiamandoli Europei. È una lettera agli Stati e ai Governanti, ma anche, forse prima ancora, una lettera agli Europei. Ne ricordate altre indirizzate alla Nazione-Europa, prima di queste?
Nel dramma del momento, la lettera si veste anche del fascino che le grandi visioni necessariamente devono avere quando sono comunicate. E allora il paragone, nel contenuto ma anche sul piano più letterario, va al Keynes de “Le conseguenze della Pace”, scritto del 1919. È sempre insidioso tracciare paralleli tra epoche, ma in questo caso la suggestione è forte.
Lì Keynes ammoniva sulle clausole economiche del Trattato di Pace di Versailles, troppo pesanti, talmente pesanti da arrivare al paradosso di riproporre, per il costruendo tempo di pace, rapporti che gli Stati hanno (e avevano avuto sino a poco prima) in tempi di guerra. Una triste premonizione per quello che sarebbe accaduto negli anni tra le due Guerre e poi con il secondo conflitto mondiale.
Oggi Draghi chiede che, per la situazione drammatica che si è creata, è arrivato il momento della solidarietà senza tentennamenti e senza cavilli o condizioni, senza separazione tra virtuosi e devianti, tra élite e PIGS, perché siamo tutti “nella stessa barca”.
È il momento - sono passaggi della lettera – per gli Stati di dare garanzie estese e di indebitarsi per alleggerire o addirittura cancellare i debiti privati; per la BCE di mantenere bassi i costi del debito pubblico appoggiandosi anche alla bassa inflazione che per adesso contraddistingue più o meno tutta Europa; per le banche, e il sistema finanziario più in generale, di farsi canali efficienti, trasparenti e rapidi della liquidità verso imprese e famiglie, anche con margini minimi o nulli di ricavo, assumendo, di fatto, rilievo da Istituzioni pubbliche.
Il Patto di Stabilità è stato sospeso e la BCE ha confermato massiccio quantitave easing rinforzato da un programma speciale PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme). Dissidi restano invece sulle modalità di utilizzo del MES (European Stability Mechanism) e sul varo degli Eurobond. La visione di Draghi si inserisce in questo quadro, lo razionalizza e si spera possa scioglierne gli aspetti controversi ancora in campo.
L’urgenza è altissima e Draghi avrebbe sminuito la potenza del suo messaggio se si fosse dilungato in raccomandazioni sul come, sui modi, sui comportamenti, sulle condizionalità. Solo in alcuni passaggi, in effetti, si limita a richiamare il contenimento del moral hazard (verbatim).
Però ricordiamocelo noi, noi Europei, che tutto questo non avrà avuto senso, non solo se non ci impegniamo subito a utilizzare nella maniera migliore le risorse rese disponibili dall’indebitamento pubblico generalizzato e sostitutivo di quello privato (secondo la visione tratteggiata nella lettera), ma anche se, nell’attraversare questa fase di necessario programmato sovvertimento delle regole delle società liberali, non terremo vivo, o in alcuni casi non creeremo, un chiaro senso di responsabilità individuale e collettivo per il dopo.
E qui la suggestione attraverso le epoche va a un altro statista che ha guidato l’Italia in una lunga fase difficile della sua storia. Parafrasando il Presidente Aldo Moro: questa stagione di misure straordinarie, generalizzate e illimitate si rivelerà effimera se non sarà accompagnata e dopo seguita da un corale senso del dovere di tutti noi Europei. Sperando che il dopo arrivi presto.
Roma, lì 29 marzo 2020
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