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Satnam legacy
Spesso si sono levate preoccupazioni per le violazioni dei diritti umani altrove (in Cina per esempio), perché lì origina il dumping con cui si fa concorrenza sleale ai produttori europei.
Altrove non sono di certo "pagliuzze", ma non si è mai data sufficiente importanza alla "trave" delle violazioni dei diritti del lavoro in casa nostra, che si tratti dell'Agro Pontino, della Capitanata, della fascia costiera del Casertano o di altre aree.
L'Europa potrebbe fare tanto con la fissazione di standard etici e relative certificazioni supportate anche da regolari ispezioni in situ.
Il braccio repressivo delle illegalità resta un presidio irrinunciabile, ma non va sottovalutata la forza del cambiamento che può arrivare da milioni di scelte quotidiane di cittadini-consumatori a livello continentale.
I bollini etici (rispetto delle regole del lavoro, rispetto dei diritti umani e civili, etc.) sono stati sinora sottovalutati o addirittura ignorati nella costruzione del Mercato Unico europeo.
La loro adozione avvierebbe un processo di selezione dei produttori migliori rispetto a quelli che violano la legge con scelte e comportamenti criminali.
Come tutti gli aspetti normativi e regolamentari, la procedura di certificazione etica, se ben disegnata, avrebbe anche un effetto "pedagogico" soprattutto sulle nuove generazioni, costituendo un tratto distintivo della cittadinanza europea.
Ce ne parla Riccardo Campi.
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Caporalato, lavoro nero, sicurezza inadeguata se non assente: sono tutti comportamenti di impresa che ledono diritti fondamentali e minano la leale concorrenza.Per questo motivo andrebbero perseguiti non solamente dal braccio penale (repressivo), ma dal sistema di garanzie del Mercato Unico europeo in termini di certificazioni di prodotto e di certificazione ISO degli operatori. Gli operatori scorretti vanno messi ai margini del mercato, e poi perseguiti per le irregolarità commesse.
Premessa chiave: in un mercato unico queste decisioni si prendono a livello di Unione, non di singoli Stati. Nella Unione esiste lo strumento della petizione, che obbliga il Parlamento a trattare l'argomento e a esprimersi. Diversi regolamenti europei sono nati da petizioni.
L'idea di base è iniziare a coinvolgere i consumatori nella scelta: sono disposti a pagare un poco di più i prodotti?, o preferiscono risparmiare accettando il rischio di mangiare cibo o indossare abiti "sporchi di sangue"?
Se il consenso sui problemi etici si dimostrasse sufficientemente diffuso, il secondo passaggio sarebbe quello di inserire certificazioni etiche obbligatorie sui prodotti immessi nel mercato europeo, così come già accade per i dispositivi medici o gli strumenti elettronici con il marchio CE.
In pratica, una certificazione "etica" sui prodotti, sul modello dei marchi DOP, IGP, STG e/o delle certificazioni CE, avrebbe la forma di un bollino sulle confezioni, mentre una corrispondente certificazione "etica" ISO sul brand dell'operatore GDO (per esempio COOP, ESSELUNGA, CARREFOUR, etc.) comparirebbe come elemento grafico aggiuntivo sul brand e su tutta la pubblicità dell'operatore.
Un punto di partenza statistico: dimensione del fenomeno delle morti sul lavoro
Numeri in breve: nel 2021 (ultimo anno completo) nella Unione ci sono state circa 3.400 morti sul lavoro, di cui 600 in Italia.
Il settore Agricoltura, Allevamento, Foreste e Pesca ne conta, da solo, 382, di cui 81 in Italia. Un settore che conta meno del 2% del valore aggiunto europeo causa oltre il 10% delle morti sul lavoro.
È evidente che il tasso di rischio nel settore impone interventi specifici finalizzati a mitigarlo.
Le statistiche comprendono solo i decessi che sono stati ufficialmente rilevati. Chissà quanti ce ne sono che sfuggono alle statistiche.
Perché a oggi la soluzione delle ispezioni in loco non è sufficiente
In Italia si fanno circa 80.000 ispezioni sul lavoro su 4,6 milioni di soggetti economici attivi. Il tasso di non conformità è altissimo, tra il 65%, rilevato dalla vigilanza sul lavoro a carico degli uffici del Ministero del lavoro), e il 94%, rilevato dalla vigilanza assicurativa a carico dell'INAIL.Questi numeri imporrebbero continue visite successive, da svolgersi in maniera capillare e, almeno nei primi tempi, senza campionamenti, ma la cui fattibilità si scontra con i limiti alle dotazioni di organico e la scarsità di risorse.
Quanto costa pagare qualche Euro in meno la spesa?
Macchinari obsoleti, manodopera irregolare sottopagata e ritmi di lavoro esasperati danno un chiaro vantaggio immediato al datore di lavoro: può vendere a prezzi inferiori o, a parità di prezzo, conseguire un maggior utile.
Questi calcoli possono valere, tuttavia, in un contesto statico e di breve durata. In un gioco ripetuto, ogni tanto salta fuori la "Morte Nera": infortuni, anche gravi, a volte mortali.
Se accadono, la inevitabile e giusta conseguenza è un procedimento penale per amministratori, responsabili della sicurezza, dirigenti della impresa. Le irregolarità in materia di lavoro sono tra i reati per i quali le imprese hanno una diretta responsabilità penale che può portare anche al divieto di prosecuzione della attività (D. Lgs. 231/2001), con danni economici a tutti i soci.
Ma i costi della illegalità e delle irregolarità nell'utilizzo del lavoro ricadono anche sui consumatori.
Per il lavoro irregolare non sono pagati contributi all'assicurazione per infortuni e malattie. In caso si verifichi un evento negativo, le spese di assistenza sanitaria e socio-sanitaria ricadono sulla fiscalità generale e cioè su tutti i contribuenti. I datori che non rispettano le regole del lavoro sono anche degli evasori che, come tutti gli evasori, danneggiano i cittadini contribuenti onesti.
Infine, i datori che non rispettano le regole del lavoro sono come le mele marce che fanno marcire tutto il cesto. Per le imprese serie, costrette a una scorretta competizione di costo, l'alternativa è adeguarsi a pratiche illecite o chiudere.
Il Business Ethics
L' Ethics & Compliance Officer era, sino a qualche anno fa, un ruolo di nicchia presente solo in alcune grosse multinazionali (MNEs). Valutazione più complete delle prospettive di business e della importanza e convenienza della continuità aziendale nel tempo stanno rivalutando questo ruolo, tanto da diffonderlo in tutte le imprese di grossa dimensione. A titolo di esempio, i siti di Nestlé, Unilever, Oreal, IBM, ENEL, ENI, Autostrade per l'Italia, etc., hanno diversi riferimenti all' Ethics & Compliance Officer.
Il divieto di utilizzo di lavoro minorile, di lavoro in nero, e di contratti capestro con retribuzioni basse è il primo pilastro degli standard etici su cui l' Ethics & Compliance Officer deve sorvegliare.
L'unica maniera con cui una MNE può promuovere questi standard è richiederli a monte ai propri fornitori e a cascata, e nei limiti in cui questo può avvenire, ai propri clienti intermedi.
A questo proposito, una interessante iniziativa di Transparency Italia è il Business Integrity Forum, nato per supportare la prevenzione della corruzione e poi utilizzato dai partecipanti come strumento per condividere standard etici e allinearvi su base volontaria tutte le fasi della catena produttiva.
In linea di principio, il meccanismo è semplice: si inserisce nel contratto con il fornitore un vincolo al rispetto di una serie di standard etici; il fornitore fornisce certificazioni degli standard e consente accessi in situ per le verifiche; se vengono rilevate difformità, il fornitore adotta correttivi immediati e, nel caso questi fossero insufficienti, scatta la clausola di rescissione del contratto di fornitura eventualmente anche con penali aggiuntive.
A oggi, per quanto si può ricostruire, non ci sono standard etici ISO. È in corso di elaborazione uno standard per mitigare il rischio di lavoro forzoso e traffico di esseri umani.
In assenza di standard ISO, la soluzione per adesso è affidarsi a società/associazioni di certificazione terze sia rispetto alle MNE sia alle loro controparti commerciali.
Ma è proprio questo il punto debole: manca un riferimento unico istituzionale e internazionale e, come diretta conseguenza, anche gli strumenti e le procedure di verifica cambiano da caso a caso e non rispondono a criteri condivisi di efficacia ed efficienza.
La soluzione nei Regolamenti europei e nei vincoli del Mercato Unico
Riepilogando, alla normativa sul lavoro già esistente si potrebbe affiancare un meccanismo di certificazione volontaria di rispetto degli standard etici dei venditori (la certificazione potrebbe anche essere estesa al rispetto ambientale, al benessere animale, etc.).
Diventerebbero cruciali la responsabilità individuale e libera scelta del singolo cittadino-consumatore: quanto si è disposti a pagare per la certezza di non acquistare prodotti "insanguinati"?
Il venditore che volesse ottenere la certificazione dovrebbe, a sua volta, richiedere la certificazione degli standard etici ai suoi fornitori a monte, con la medesima richiesta di presentare idonea certificazione e aprirsi a ispezioni in situ.
Se si affermasse questa logica, il consumatore potrebbe cominciare a distinguere e apprezzare i venditori che impongono alla propria supply chain gli standard etici e che ne verificano la compliance.
Tuttavia, per ottenere questo risultato i bollini etici devono basarsi su obiettivi standard e controlli standard coordinati almeno a livello europeo, senza i quali le comparazioni tra venditori e tra supply chain non sono possibili o possono addirittura dare esiti irrazionali e controproducenti. Inoltre, i bollini etici vanno promossi e fatti conoscere ai consumatori, soprattutto nella fase iniziale. Sono le scelte del cittadino/consumatore il motore, o uno dei principali motori, del cambiamento. DOP/IGP, CE e ISO sono esempi da seguire.
Standard etici, certificazione e sensibilizzazione dei cittadini-consumatori dovrebbero permettere di mitigare il fenomeno e relegare le imprese criminali in un mercato secondario, più rischioso e meno redditizio di quello in cui possono muoversi adesso.
Una volta circoscritta la dimensione del fenomeno, illegalità e irregolarità possono essere aggredite più efficacemente dal braccio repressivo degli Ispettorati del lavoro.
Il mercato dei beni è unico in tutta l'Unione e non è pensabile una soluzione nazionale. Standard e bollini devono essere adottati almeno a livello europeo, così come avviene per DOP/IGP, CE e ISO.
Briciole sparse tra Bruxelles e Strasburgo
Tempo fa, il Parlamento Europeo aveva iniziato ad affrontare l'argomento del "pull factor", ossia della rilevanza delle decisioni dei cittadini-consumatori nella affermazione e diffusione di etica di business. Il tema era stato promosso e sostenuto soprattutto da UK nel mandato parlamentare 2004-2006. Traccia di quei lavori preliminari è, per esempio, nel Documento 52005AE1257 del 3 febbraio 2006.
Successivamente è stato approfondito il problema del commercio equo e dei contratti agricoli tra parti squilibrate, con l'emanazione della Direttiva 633/2019 del 17 aprile 2019.
Questa Direttiva è stato un indubbio segnale positivo, ma si resta purtroppo lontano da un approccio sistemico che aspiri a coinvolgere tutti i consumatori nelle scelte quotidiane. Si pensi a quale potrebbe essere l'impatto, di qui a 15-20 anni, quando diventeranno maggiorenni e autonomi i cittadini europei nati e cresciuti all'interno delle nuove regole di riconoscimento dell'etica di business.
C'è tanto spazio per agire, ma servono una Politica e delle Istituzioni in grado di superare proteste e veti delle lobbies.
Roma, 24 giugno 2024
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