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La scuola italiana e la mamma finlandese
Questo commento di Domenico Gigante ha un collegamento diretto con gli altri contributi, qui comparsi, sul tema del merito e della meritocrazia.Per generare effetti positivi, quest'ultima ha bisogno di fondamenta solide che vengono gettate nelle scuole primarie.Ma in questo caso Domenico parla anche per l'esperienza diretta che ha vissuto e sta vivendo attraverso i suoi figlioli.Necessario domandarsi se la nostra Scuola e le nostre scuole siano al passo coi tempi e di stimolo a ridurre le differenze tra studenti e non a certificarne l'esistenza in pagella.Parole dure - quelle di Domenico - che chiamano in causa tanto l'impostazione crociano-gentiliana quanto il disegno e la qualità delle infrastrutture.Le valutazioni che arrivano da famiglie e studenti di altri Paesi dovrebbero essere prese con adeguata attenzione perché aprono gli occhi su realtà diverse e possono aiutare ad evidenziare i punti deboli del nostro sistema.Bisogna avere presente che nel mondo sempre più globalizzato e, soprattutto, nell'Europa sempre più integrata in cui vivranno le nuove generazioni, non solo i sistemi di istruzione saranno sempre più soggetti a valutazioni da parte famiglie e studenti che si spostano per periodi più o meno lunghi o si trasferiscono, ma per il loro frutto ultimo, ossia le persone formate e cresciute nelle loro capacità e nelle loro personalità, diverranno sempre più normali e quotidiani il confronto e la collaborazione. Le nostre "palestre" devono attrezzarsi e rimanere sempre vive.Domenico ci ha promesso che su questo tema tornerà anche in futuro qui sul web di Reforming, in particolare per argomentare i limiti che oggi si lamentano della troppa affezione all'impostazione crociano-gentiliana, che ha come portato di lungo corso anche la profonda e dannosa linea di separazione oggi esistente tra scuole "alte" (i licei) e scuole "basse" (i professionali).----Da diverso tempo si fa un gran parlare delle critiche della mamma finlandese alla scuola italiana.Le ho lette e – devo dire – le ho trovate persino generose. La realtà è che abbiamo uno dei sistemi scolastici peggiori al mondo. Una scuola classista, in cui prevale la logica selettiva su quella formativa, la meritocrazia sulla cooperazione.Nella nostra scuola - in nome della normalizzazione - si soffoca tanto l'eccezionalità (il talento nelle discipline minori o non affatto rappresentate, come musica, sport, teatro e scienze applicate), quanto i disturbi dell'apprendimento (i DSA sono ampiamente sotto-tutelati rispetto a programmi rigidi e incompatibili con le loro difficoltà).Nelle nostre aule i ragazzi non sono messi nelle condizioni di imparare veramente. Tutto quello che sanno (o che non sanno) è merito (o colpa) loro: se hai voglia di imparare quelle quattro inutili nozioni da abecedario ottocentesco sarai la gioia degli insegnanti, avrai buoni voti e verrai promosso (a scuola, ovviamente; la vita poi è un'altra faccenda!). Se, invece, malauguratamente non hai un'attitudine al nozionismo - a imparare a memoria tavole di numeri, regole, declinazioni verbali - sono guai.Nonostante corsi di aggiornamento a prolusione, gli insegnanti non sono assolutamente in grado di gestire una classe senza il bastone di gentiliana memoria (Giovanni Gentile è il flagello del nostro sistema scolastico, che - come un lanciafiamme - ha incenerito tutto ciò che della buona pedagogia stava assimilando la nostra scuola).Le nostre aule, oltre che piccole e fatiscenti, rappresentano il non plus ultra della schematicità mentale dell'istruzione italiana: cattedra, banchi allineati, poca o nessuna possibilità di interagire e collaborare. Ognuno è solo, lavora da solo e guai a copiare. Se vai bene, bene; se vai male, non c'è alternativa: solo la speranza nella buona volontà dell'insegnante di aiutarti a recuperare.Sì!, perché tutto alla fine è nelle mani del docente, che Gentile voleva una sorta di supereroe, un individuo in sintonia con lo spirito assoluto, che - come il filosofo platonico - mette in contatto il discepolo con il mondo delle idee (solo che le nostre aule assomigliano tanto alla caverna dei giganti descritta ne “La Repubblica”). La realtà, invece, è un sistema frustrante dove insegnanti sottopagati diventano dei pessimi autocrati, insensibili alle critiche e incapaci di cogliere i propri errori e limiti per mancanza di confronto vero con i colleghi, poca coordinazione nei programmi, scarse occasioni di lavoro comune.E poi, dulcis in fundo, ci si mette anche un sistema burocratico che le varie forme di autonomia scolastica hanno persino accentuato. Dal centralismo miope siamo passati al terrore d'istituto, quella tragica forma di ansia in cui i dirigenti scolastici (per lo più impreparati, perché vengono dall'insegnamento) vivono una sorta di delirio d'onnipotenza associato alla sensazione di essere stati fregati. In questo contesto fanno pagare a tutta la scuola il carico ingestibile di responsabilità che gli è piovuto addosso, riducendo drasticamente gli spazi reali di sperimentazione per paura di sbagliare, essere criticati o addirittura incorrere in qualche causa penale.Ecco un'altra parola magica della nostra scuola: sperimentazione. È quella cosa che ci fa credere in modo gattopardesco che tutto sta cambiando, mentre tutto resta uguale. Si sperimenta, si provano nuove modalità, qualcosa di buono magari esce fuori e poi... finiscono i soldi o gli insegnanti vengono trasferiti in un altro istituto. Quello che è stato fatto cade nel dimenticatoio e non serve a cambiare nulla nella scuola.Insomma, cara mamma finlandese, il tuo giudizio impietoso, che tanta polemica ha suscitato nei cuori italici (tradizionalisti e conservatori per natura) non è che una foto sbiadita della realtà. I nostri fautori dell'eccellenza italiana all'estero fanno un gran parlare degli ottimi risultati degli studenti italiani nel mondo, ma non vedono che questi risultati non sono merito della qualità dell'insegnamento, quanto invece del talento naturale e delle migliori condizioni economiche e sociali di alcuni studenti rispetto ad altri (Gentile sarebbe proprio soddisfatto nel vedere cosa abbiamo creato; come abbiamo seguito le sue orme!).E in questa esaltazione fanciullesca dimenticano che abbiamo il tasso di dispersione più alto d'Europa, un sistema di formazione tecnica e professionale pietoso e reietto e che tutta l’istituzione scolastica è un immenso bivio tra l'eccezionalità e l'oblio, che tritura le anime ad ogni fine d'anno scolastico. -
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