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E se Karlsruhe fosse una prova costituente?
La sentenza - consapevolmente o inconsapevolmente che sia - chiama a una enorme operazione verità, che coinvolge tutti i Paesi, Germania inclusa. Se, dopo questo avviso lanciato da Karlsruhe, gli sforzi anti-crisi della BCE dovranno fare i conti con i limiti formali del mandato, intesi in senso stretto normativistico à la Kelsen, allora i Membri dell’Unione saranno presto costretti a guardarsi in faccia senza scusanti e senza veli, per decidere se vogliono continuare e rilanciare il progetto dell’Unione con un salto di qualità nella struttura e nel funzionamento del bilancio comune, oppure per riconoscere che l’interesse per l’Unione non è sufficientemente alto da giustificare i necessari progressi. Hans Kelsen è stato giurista tedesco tra i primi teorici della giurisdizione costituzionale alla base della introduzione e del funzionamento delle Corti Costituzionali nelle moderne democrazie.
Vista da questa angolazione, la sentenza non è più un affronto all’Unione ma parte integrante del processo costituente, che da eccessivamente idealizzato, ovattato, teorizzato, dibattuto nelle sedi tecniche, finalmente viene allo scoperto con tutta la sua energia da canalizzare nel verso giusto. La Storia insegna che i processi costituzionali non sono mai stati passeggiate o party celebrativi, ma risoluzioni di aspetti spesso contrastanti o addirittura contrapposti. A un momento verità bisognava, probabilmente, essere già arrivati molto prima, perché nel mondo globalizzato e veloce che circonda l’Europa, un assetto in perenne cantiere è fonte di debolezze e rischi. Quale dimostrazione più lampante deve arrivare dei ritardi e delle incapacità di reagire alle crisi del 2008-2012 e a Covid-19?
Che finisca bene (l’Unione si rafforza e guarda al futuro) o che finisca come non vorremmo (prevalgono gli interessi di breve periodo dei singoli Stati, o di constituencies particolari interne agli Stati), l’incertezza di questa transizione europea, che ormai continua identica a se stessa da troppo tempo, verrebbe fugata dall’obbligo di prendere una decisione, perché non prenderla equivarrebbe a decidere nel verso opposto e a orientare diversamente il futuro dell’Europa. Con la risolutezza e la concretezza, ma anche tutte le approssimazioni e le possibilità di esiti negativi, che accompagnano gli atti fondativi presi in condizioni di urgenza. Dopo Kelsen, questi frangenti sembrano richiamare le analisi di un altro giurista tedesco, Carl Schmitt, sulle evoluzioni degli Stati determinate dalle scelte in condizioni di eccezione.
Questo faccia a faccia tra Kelsen e Schmitt, tutto racchiuso nel pensiero giuridico tedesco e tutto di sapore novecentesco, sembra voler sottolineare che la Germania, esempio di socialdemocrazia moderna e di economia sviluppata e innovativa, ha adesso una grande responsabilità nell’orientare il futuro dell’Unione. Dalla sua risposta politica alla sentenza della sua stessa Corte potrà venire impulso decisivo alla risposta politica di tutti i Paesi Membri sul futuro dell’Unione, dimostrando che anche soluzioni adottate in tempi stretti e sotto i colpi dell’urgenza possono ispirarsi alla stessa razionalità e alla stessa visione comprensiva e lungimirante di quando si può progettare con calma. D’altro canto, gli anni delle riflessioni e degli approfondimenti ce li abbiamo alle spalle, li abbiamo attraversati e potrebbero essere ora concretizzati.
È questione di volontà e la sentenza della Core di Karlsruhe obbliga adesso a contare i voti. Se si riuscisse a mettere d’accordo Kelsen e Schmitt andrebbe anche in soffitta un’altra propaggine invadente del Novecento delle contrapposizioni tra teorie degli Stati nazionali.
Nella foto, un francobollo tedesco commemorativo di Robert Schuman, già Ministro degli Esteri della Francia e uno dei padri fondatori dell'Unione Europea. Il 9 Maggio si celebra la ricorrenza della sua dichiarazione del 1950 con cui proponeva la creazione della Comunità Economica del Carbone e dell'Acciaio (CECA). In un passaggio di quella dichiarazione si legge: "L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto".
Roma, lì 10 Maggio 2020
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