La mistica dei residui fiscali

Il mondo corre veloce, ma in quel “Penny Black” che è l’Italia - mutuando l’espressione con cui Michele Emiliano ne sottolinea le piccole dimensioni e l’altissimo pregio come premessa al dibattito federalista - continua a tenere banco la secolare contesa sui residui fiscali.

Rispetto agli albori dei lavori di Pantaleoni e Nitti, da quantitativa la contesa si è andata facendo sempre più ontologica e shakespeariana. Esistono o non esistono i residui?

Un conto è la legittimità giuridica e formale dei residui fiscali, che nessuno mette in discussione: essi derivano da un quadro codificato di leggi e norme nazionali votato dal Parlamento. Altra cosa è chiedersi quali conseguenze possano scaturire da residui fiscali elevati e persistenti tra Regioni e macro-Regioni. Spesso ci si ferma alla prima valutazione - la legittimità - e, appurata questa, non si vede più necessità di passare alla seconda. Oppure si mettono sullo stesso piano residui tra Regioni e macro-Regioni - grandi porzioni del Paese - e ipotetici residui tra Città e Comuni limitrofi o tra Città e campagna, per dimostrare l’illogicità ab-origine di qualunque ragionamento che parta dal concetto di residuo per poi degenerare in contraddizioni a catena sino a livello del quartiere o dell’isolato.

Negare alla radice la rilevanza dei residui attizza la ricerca di soluzioni estreme, come livelli esagerati di autonomia regionale - la proposta “Calderoli”-  o riduzioni drastiche della progressività dell’imposizione sui redditi per limitare il gettito estratto dalle Regioni più ricche. Il feticcio irrisolto del residuo non fa bene neppure alla lotta al sommerso e all’evasione, cui presta implicitamente giustificazioni nelle Regioni più ricche.

Riconoscere la criticità dei residui è invece un passo necessario per poter aprire un serio confronto su tre punti di policy: ragionevoli ma veri correttivi in senso federalista del sistema fiscale senza mettere in discussione il quadro Paese unitario; interventi per la riduzione dei divari territoriali di cui osservare i risultati anche in termini di riassorbimento dei residui; livelli essenziali delle prestazioni - i Lep - realisticamente erogabili in tutto il Paese (per davvero, non solo in qualche comma di qualche articolo) di pari passo con le risorse disponibili.

Per portare un esempio: dopo il PNRR, ci si può realisticamente attendere si avvii un processo di riduzione dei residui, come quello osservato negli anni ’50 e ’60 grazie al Piano “Marshall”?, oppure si resterà indifferenti a qualunque valore essi assumeranno, perché tanto sono solo grandezze senza alcun senso, ci sono ma non esistono?

Le diatribe ontologiche sono affascinanti perché spesso, come per le grandi discussioni metafisiche, restano aperte per secoli o addirittura per sempre. In questo caso converrà, tuttavia, venirne a capo in tempi non così lunghi. C'è tanto da fare e gli altri non restano lì ad aspettare il nostro piacere per le disquisizioni.

        Rutilio Namatiano