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Il valore e i meriti della Vittoria
Esattamente un secolo fa, l'Italia completava il suo processo di unificazione politica iniziato un secolo prima, subito dopo la fine dell'avventura napoleonica.
I primi patrioti italiani, infatti, erano stati ex ufficiali dell'esercito di Napoleone, che si erano rifiutati di accettare l'equilibrio geopolitico partorito a Vienna nel 1815.
La Vittoria del 4 novembre 1918 rappresenta il trionfo di un popolo capace non solo di ottenere la sua Unità politica, ma anche di annientare l'Impero Austriaco, ossia tutto ciò contro cui aveva lottato per nascere ed esistere.
Purtroppo, quella Vittoria non fu solamente un trionfo patriottico. A spingere l'Italia a prendere parte alla Grande Guerra c'erano state anche le motivazioni degli irredentisti trentini, giuliani e istriani, di cui Cesare Battisti (non quello oggi latitante in Brasile, ma quello impiccato dagli austriaci nel 1916) fu l'esponente più carismatico. A portare l'Italia in guerra ci furono anche coloro che, da veri democratici, temevano la vittoria degli imperi assolutistici (tedesco ed austroungarico) a spese delle democrazie francese e inglese. Ma ci furono soprattutto i nazionalisti animati dalle loro ambizioni imperialistiche.
La coalizione interventista tra irredentisti, democratici e nazionalisti prevalse sul blocco costituito dai liberali neutralisti, dai cattolici e dai socialisti, accomunati dalla volontà di tenere l'Italia fuori dal conflitto tra gli Stati europei iniziato nel 1914. Pur disponendo della maggioranza parlamentare, neutralisti, cattolici e socialisti non riuscirono a contrastare efficacemente l'aggressiva minoranza interventista, che, con il decisivo aiuto del re, indusse la Camera dei deputati a deliberare l'ingresso in guerra dell'Italia il 20 maggio 1915.
Seguì una guerra di una durezza senza precedenti, che costò all'Italia la perdita di almeno 650.000 uomini (più del mezzo milione di persone morte nel secondo conflitto mondiale). Di quella Vittoria s'impadronì politicamente la componente nazionalista del fronte interventista, giunta al potere nel 1922, tramite il Partito fascista.
Gli irredentisti e gli interventisti democratici (tra cui Nenni, Gramsci, Togliatti, Pertini, Rosselli, Gobetti, ecc.) vennero marginalizzati o perseguitati dai nazionalfascisti, divenuti padroni dell'Italia sull'onda della Vittoria.
La retorica nazionalista e imperialista fu profusa a fiumi durante il ventennio fascista per creare consenso attorno ad un regime che si sarebbe schiantato nella fallimentare e disastrosa conduzione della Seconda guerra mondiale.
Una parte dei territori acquisiti al termine della Prima guerra (Istria, Fiume e Zara) sono andati perduti per sempre alla fine della Seconda; la loro perdita rappresenta il prezzo fatto pagare all’Italia dalle scellerate scelte del duce del Fascismo.
Se i neutralisti fossero riusciti ad imporsi nel 1915, l'Italia avrebbe ottenuto, senza combattere, buona parte dell'attuale provincia di Trento e qualche comune dell'attuale provincia di Gorizia. Rispetto ai confini odierni, sarebbero mancate all'appello Trieste, l'Alto Adige e parti delle attuali province di Trento, Belluno, Udine e Gorizia.
Le perdite territoriali subite al termine della Seconda guerra mondiale non hanno quindi cancellato del tutto i frutti della Vittoria del 4 novembre 1918. E’ pertanto ancora vero ciò che, nel primo dopoguerra, si scriveva sulle lapidi che ricordano il sacrificio dei soldati caduti in battaglia: "MORTI PER UN'ITALIA PIU' GRANDE". Queste parole sono ancora valide e si possono usare per celebrare il centenario della Vittoria.
Esecrata la guerrafondaia retorica nazionalistica e rivalutate le ragioni di chi voleva evitare al nostro popolo immani sofferenze, non resta che riconoscere il grande valore dei Caduti. Sono morti per darci un'Italia più grande sia di quella del 1866, sia dell'Italia che sarebbe stata se fosse rimasta neutrale, sia dei grandissimi errori di coloro (i fascisti) che s’impossessarono della loro Vittoria per condurci alle umilianti sconfitte patite durante la Seconda guerra mondiale.
Il valore di quei soldati è ancora più grande se si considera l'assai poco eccelso livello degli ufficiali e dei generali che li comandarono. Furono aiutati solo dai copiosi rifornimenti americani, grazie ai quali non morirono di fame come i loro nemici austroungarici.
L’unica vera vittoria delle Forze Armate italiane fu quindi ottenuta per l'esclusivo merito dei soldati mandati al massacro nelle trincee, visto che ancora oggi risultano inesistenti i meriti di chi quella guerra la volle o la condusse.
nota: in foto il Sacrario di Redipuglia (Friuli Venezia Giulia)
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